Storia dell'arte a Piacenza dal Seicento all'Ottocento
VOLUME II
UN IMMENSO PATRIMONIO EREDITATO DA RISCOPRIRE
Il progetto, nato quattro anni fa, di compilare un compendio di Storia dell’arte a Piacenza, dedicato alla comunità piacentina, alle giovani generazioni e alle scuole, è stato portato a conclusione con questo secondo volume, che la Banca di Piacenza ha generosamente e meritoriamente promosso. L’idea guida era di dare una versione sintetica e sequenziale, ordinata per generi maggiori, dei monumenti architettonici e delle opere figurative stratificatesi nei secoli a Piacenza e nel territorio, una molteplicità di immagini dipinte e scolpite inserite in complessi architettonici illustri. Il lavoro collegiale è stato fondamentale per poter trattare, in base a conoscenze dirette e competenze specialistiche, la mole di testimonianze artistiche dal XI al XVI nel primo volume con Susanna Pighi e dal XVII al XIX secolo in questo secondo, al quale si è aggiunta Anna Còccioli Mastroviti.
Le opere artistiche rivelano sempre sensibilità culturali, contesti sociali, intenti di esibizione di supremazia soprattutto negli ambiti ecclesiastico e aristocratico, in concorso non di rado competitivo, per affermare la personalità dei committenti e le loro scelte qualitative. Si configura una città con il suo territorio ricca di architetture contenenti singole ragguardevoli opere o maestose decorazioni. Le prime si offrono in più tematiche: divinità supreme e santi soprattutto descritti nelle loro azioni miracolistiche, destinate a stimolare la devozione, ma anche la diffusione della bellezza artistica. Le seconde ispirate alla mitologia greco-romana e alla storia gloriosa o alla sfaccettata natura estraendo i tratti emergenti per nobilitare e rendere sorprendenti e stupefacenti gli interni di residenze gentilizie. L’arte barocca entra dovunque tra Sei e Settecento ed è rappresentata da grandi artisti provenienti dalla più attive scuole pittoriche vicine: lombarde (Cremona e Milano), emiliana (Bologna e Parma con Correggio, che rimane un modello di perfezione), toscana (Firenze e Perugia), genovese. Il maggior centro attrattivo per una formazione superiore è sempre rimasta Roma, dove confluivano gli artisti di ogni provenienza italiana ed europea e dove essi rivelavano i loro talenti, facendo carriera, per poi, il più delle volte, ritornare in patria a ricevere riconoscimenti e generose committenze.
Piacenza, che non ebbe mai una sua scuola artistica di riferimento in continuità, chiamava i migliori delle varie scuole, gli emergenti sulle altre piazze; basta scorrere l’Indice dei nomi in appendice al volume per avere una rubrica sorprendente. Torna sempre opportuno il giudizio di Luigi Lanzi nella sua Storia pittorica della Italia (1792): Il sig. proposto conte Carasi, descrittore commendabilissimo delle Pitture pubbliche di Piacenza, dice [G. P. Panini] unico fra’ pittori già morti di cui poss’aver vanto in quella città. Tal penuria non dee recarsi al clima, che abbonda d’ingegni, ma forse a mancanza di scuola locale; danno che per Piacenza si è convertito in grand’utile. Si scorra il catalogo de’ pittori che ivi operarono, con cui il sig. Carasi chiude il suo libro, e si dica se altra città è in Italia, eccetto le capitali, così ornata da pittori eccellenti di ogni nostra scuola. S’ella avesse avuti maestri, essi per un buon allievo le avrian formati venti de’ mediocri; e le opere di costoro avrian riempiuti i palazzi e i tempii, com’è intervenuto a tante altre città secondarie.
L’arte barocca si esprime anche in generi pittorici diversi e specializzati destinati ad arredare fastosi interni delle residenze nobiliari: nature morte di frutti, fiori, animali, pesci; battaglie e marine o burrasche; scene di vita quotidiana popolaresca, vedute animate o esatte delle celebri capitali; scenografie prospettiche illusionistiche di sculture e architetture e altro ancora. Un altro genere tipicamente barocco è quello dei Fasti delle grandi famiglie dominanti o dei papi, che volevano dimostrare ed eternare le loro gesta a beneficio pubblico o le loro qualità politiche o culturali personali. A Piacenza, Parma e Colorno soprattutto i Farnese vollero legittimare storicamente la loro fortuna e le loro virtù a partire dal papato di Paolo III, ricorrendo a grandiose opere architettoniche e artistiche. In età borbonica la situazione piacentina cambiò notevolmente (1736): dovendo riadattare e riarredare le residenze ducali a Parma a seguito dell’asportazione dei beni mobili del primo duca Carlo a Napoli, dove si stabilì come re, i Borbone si rivolsero verso altre direzioni, soprattutto quella francese e parigina, favorita da Louise Elisabeth, figlia del re di Francia e moglie del secondo duca Filippo.
I poli di maggior attrazione e affermazione per gli artisti piacentini e non furono sempre le Accademie di San Luca a Roma (1588), Ambrosiana-borromaica a Milano (1607), Clementina a Bologna (1707), delle Belle Arti da Parma (1752), dove venivano accreditati i maggiori e migliori artisti; a Piacenza nel 1781 fu istituita la Scuola d’arte F. Gazzola, centro didattico da cui uscirono con una prima formazione gli artisti piacentini nel secolo XIX.
L’arte barocca fu deprezzata, abbandonata e oscurata dal Neoclassicismo, dal Romanticismo dalle innovazioni del realismo e del naturalismo di fine Ottocento (compresi i restauri radicali degli edifici medioevali da cui fu disinvoltamente rimossa); essa fu riabilitata dal Wölfflin agli inizi del Novecento come stile con una sua propria ideologia, ma fu restituita alla sua originalità e fu rivalutata dalla critica d’arte italiana nei successivi anni Cinquanta che fece emergere la sua specificità e la sua alta specializzazione in tutte le arti; fu così cancellato il giudizio del Barocco come di arte bizzarra sostenuta da una retorica ininterrotta e multiforme e fu messo al centro il forte condizionamento tematico esercitato dalle prescrizioni del Concilio di Trento, esplicitate principalmente dai cardinali Gabriele Paleotti e Federigo Borromeo; furono anche comprovati i i ruoli del tutto originali di figure come Caravaggio, Annibale Carracci, Guido Reni, Poussin e altri.
L’Ottocento, età in cui Piacenza era già ricca di edifici architettonici imponenti e cicli artistici prestigiosi, ha fatto irruzione con un Neoclassicismo di forte impatto antibarocco e con un susseguente Romanticismo ispirato alla storia medioevale prima e poi al realismo descrittivo della società italiana dopo l’unità nazionale.
In questo secondo volume si constata la formazione delle ricchezze artistiche da scoprire, da conoscere, da fruire.
Ringrazio vivamente, oltre alle due preziose colleghe coautrici, chi ci ha sostenuto in questo percorso.
Stefano Pronti