2012, Settembre | Alberto Gallerati, tra fantasia e ironia

Alberto Gallerati, Paesaggio in sintesi con fiori

Alberto Gallerati è stato travolto giovanissimo dalla vocazione alla pittura, cui approdò alla fine degli anni Sessanta, dopo aver frequentato l’Istituto Gazzola di Piacenza, dove Carlo Scrocchi consolidò fortemente in lui il disegno di figura. La sua attenzione era però attratta dalle opere di Spazzali, Foppiani e Cinello, gli animatori della ricerca inesausta e coraggiosa dei valori pittorici e delle tematiche innovative, seguiti dai più giovani Armodio, Romano Tagliaferri e Carlo Berté. Era la cosiddetta Scuola di Piacenza, che ricercava il fantastico con effetti surreali, che i titoli delle singole opere aumentavano creando ambiguità e piccoli inganni. La vera formazione di Gallerati avvenne sul campo, negli incontri con gli artisti per capire, per scoprire la diversità dei momenti della creazione pittorica e per mettere a frutto gli impulsi da loro provenienti; intanto si rendeva conto che aveva bisogno di delineare un suo proprio mondo, una sua propria visione. Gallerati trascorse un periodo non breve di assestamento della sua strumentazione e a Piacenza, dopo una mostra nel 1984, si ripresentò nel 1990 saldo nel suo percorso nella personale agli Amici dell’Arte, presentato da Raffaele De Grada, e da lì prese un ritmo creativo ed espositivo progressivamente vivace: una tavolozza personalizzata con toni caldi, una pennellata fluente, sottile, con netta definizione dei contorni degli oggetti e delle figure; tematiche ben definite verso la casistica della vita quotidiana riproposta con spirito critico e ironico, che interviene in ogni situazione apparentemente banale e la eccita con contrapposizioni fantasiose. Anche dopo il completamento della sua formazione si notano le ascendenze degli aulici maestri, da allievo fortunato, devoto e riconoscente: i segni di Foppiani si riconoscono nelle concentrazioni plastiche di edifici di impianto centrico, perfettamente rifinite come accurate decorazioni, e nei gesti o nei movimenti di alcune figure; la festosa versatilità di Spazzali si ritrova in alcune figure femminili fluide e danzanti e in alcune pennellate intinte di colori freschi ed eleganti. Anche dell’enciclopedismo narrativo e decorativo di Cinello c’è qualche traccia in certo soffermarsi sul particolare e in certi accostamenti di oggetti usuali. Gli avanzamenti di Gallerati sono dovuti anche al ricorso a uno strumento di indagine straordinario, l’acquarello, che diventa il mezzo per concretizzare visioni, idee, intuizioni e che crea un repertorio tanto vasto quanto utile a cui attingere per stimolare continuamente l’inventiva; inoltre raffina la mano in modo determinante e restituisce un’immagine finita. Egli ha davanti il modello illustre di Foppiani, che ricorreva all’acquarello come strumento di rappresentazione del sogno e della fantasia, ma anche di sperimentazione. Gallerati adotta l’acquarello per la sua immediatezza, la sua leggerezza, perché non essendoci legante, ma la diluizione in acqua, la sua correggibilità è immediata con la semplice sovrapposizione di altro colore e con l’acquarello raggiunge una notevole raffinatezza, concentrandola nel piccolo formato. Ma l’acquarello, da lui recentemente molto frequentato anche per creare piccole immagini come attrattiva verso un pubblico giovane e a borsa leggera, diventa un repertorio vasto di personaggi, situazioni, combinazioni fantastiche, che si concludono come un flash.

 

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